In questi giorni si sta facendo, di nuovo, un gran parlare di trasmissioni Gearbox, o cambi interni, grazie ad un ottimo articolo di Jack Luke su Bike Radar. In questo articolo si parla del brevetto depositato da Shimano riguardante un cambio interno.
I cambi interni sono sempre un argomento che solletica le fantasie dei bikers, tipicamente perché rappresenterebbero un’innovazione rispetto agli antiquati deragliatori. Sullo sviluppo delle trasmissioni per biciclette c’è un’intera bibliografia, ma per brevità basti ricordare che le trasmissioni a cinghia sono leggermente precedenti a quelle catena (almeno per la cronologia dei brevetti) ed i cambi epicicloidali praticamente sono apparsi in contemporanea, attorno alla fine degli anni ’60 del 1800. Ad ogni modo i cambi a deragliatore sono tutti successivi, apparsi circa nei primi del ‘900.
Fatta questa premessa va ricordato che oggi esistono in commercio vari cambi ad ingranaggi interni, sia al mozzo che solidali alle pedivelle, dal venerabile Rohloff, che ormai ha più di 30 anni, ai vari Hammerschmidt, Pinion, & c. In generale il motivo per cui queste trasmissioni hanno sempre fatto fatica ad imporsi, e di fatto non si sono imposte, è dovuto alla minore efficienza rispetto le trasmissioni deragliatore/catena, alla complessità/costo ed al maggior peso. I vantaggi ovviamente riguardano una maggiore compattezza del sistema ed il fatto che sono sigillate e quindi non esposte ad acqua, sporco, etc..
La soluzione di Shimano, ricorda vagamente quella introdotta sulla Honda RN01 a cui abbiamo dedicato un articolo qualche anno fa. Quindi non si tratta di una trasmissione ad ingranaggi, ma a catena e cassetta. Nel caso della Honda fondamentalmente si trattava di una trasmissione a deragliatore con una singola casetta 7V. Nel caso di Shimano si tratta di due cassette, nel brevetto sempre 7V, in cui una delle due trasla lungo il proprio asse in modo da mantenere una corretta linea catena mentre la stessa si posiziona sui vari pignoni tra le due cassette. Quindi il sistema brevettato da Shimano non è di tipo epicicloidale, ma rimane legato alla classica cassetta/catena, decisamente più efficiente degli ingranaggi.
Il sistema ricorda per principio quello del 1900 del belga Delbruck, che utilizzava 2 cassette, 2 ruote libere e 2 catene per l’appunto, ma essendo precedente all’invenzione dei deragliatori necessitava di 4 pignoni montati su un asse che si trovava in posizione intermedia tra le due cassette proprio per poter mantenere una corretta linea catena. E per questo necessitava di 2 catene supplementari per connettere i 4 pignoni intermedi con le corone anteriori ed i pignoni fissati al mozzo posteriore.
Il sistema Shimano prevede che la cassetta che si muove lateralmente lo faccia tramite un motore elettroattuato.
Il brevetto descrive il sistema come adatto ad utilizzo Mtb o Bdc, anche se i disegni fanno chiaramente intuire che gli ingombri siano più adatti al primo utilizzo. Come giustamente fa notare Luke nel suo articolo la parte inferiore del sistema ricalca la forma del motore Steps di Shimano, ed infatti questo sistema sembra più che altro pensato per l’utilizzo su e-bike.
L’idea è sicuramente sensata per Shimano, visto che integrare direttamente la trasmissione col motore elettrico ha molteplici vantaggi. In primis quello di permettere risparmi a livello di forniture e magazzino ai vari produttori di bici, che avrebbero una sola soluzione integrata a livello motore/trasmissione invece che motore e trasmissione. Oltre ad avere una soluzione personalizzabile in base alle esigenze di utilizzo, potendo scegliere tra varie combinazioni di cassette combinandole con la risposta del software che attua il motore elettrico, potendo facilmente variare velocità e coppia di applicazione e quindi dando la possibilità con un’unica soluzione di personalizzare tramite anche solo una app il funzionamento del sistema, rendendolo quindi polivalente rispetto i vari utilizzi, dalla mtb alla strada al gravel.
Un approccio già proposto da altri costruttori, come la finnica Revonte, la tedesca Sachs Micro Mobility e la francese Kervelo, che però basano i loro sistemi su ingranaggi epicicloidali, decisamente più pesanti (l’efficienza passa relativamente in secondo piano visto che nel caso la potenza è fornita dai motori).
Insomma una mossa intelligente di Shimano per riappropriarsi di un mercato in cui si stanno imponendo a grandi passi i produttori di motori elettrici, come Bosch, Panasonic, Yamaha & c.
ps: la mia idea nasce dal fatto che ad esempio il Brose ha già un riduttore epicicloidale al suo interno